Carcinoma del cavo orale

Le neoplasie del cavo orale rappresentano circa il 5-6% di tutti i tumori maligni e, tra quest’ultime, più del 90% dei tumori è costituito dal cancro orale, istopatologicamente definito carcinoma squamocellulare (OSCC) in quanto origina dall’epitelio mucoso del cavo orale.
L’incidenza è maggiore nel sesso maschile e aumenta progressivamente con l’età. Negli ultimi anni è stato osservato un aumento dei casi tra i giovani, riferibile, oltre alla predisposizione genetica, anche all’abuso di alcool e tabacco, principali fattori eziologici del carcinoma orale.
Diversi studi suggeriscono che l’infezione da HPV giochi un ruolo importante nella cancerogenesi, imputabile anche alla scarsa igiene orale e a condizioni di immunosoppressione.

Recenti studi hanno dimostrato che l‘HPV 16 e 18 (Human Papilloma Virus), gli stessi virus associati con il cancro del collo dell’utero nella donna, possono condurre allo sviluppo di tumori, tra cui anche quelli dell’orofaringe , cioè delle tonsille e della base della lingua.

L’insorgenza del Carcinoma squamocellulare orale può interessare tessuti sani ma, spesso, è preceduta da lesioni precancerose che si presentano clinicamente come aree rosse o placche bianche (eritroplachia e leucoplachia soprattutto).

L’insorgenza del Carcinoma squamocellulare orale è più frequente in pazienti con malattie autoimmuni locali come il lichen planus orale (OLP).

La morfologia clinica rispecchia la modalità di crescita della neoplasia. E’ possibile avere lesioni:
esofitico-papillari, verrucose, endofitiche;infiltrativo-nodulari dure e a bordi leggermente rilevati.

La diagnosi si basa su un accurato esame obbiettivo del cavo orale seguito da esame bioptico.
E’ importante considerare come caso dubbio ogni lesione che si presenti come macchia o placca, nodulo, erosione-ulcera, o verrucosità,
Bisogna rimuovere ogni possibile causa collegata alla lesione e la si deve seguire nell’iter evolutivo con uno stretto follow-up. Le lesioni che non guariscono entro 15 giorni vengono considerate come casi dubbi.

Ai fini diagnostici si esegue una biopsia (asportazione di un campione di tessuto per l’esame al microscopio) di qualsiasi area anomala osservata durante l’ispezione. Solo una biopsia può stabilire se un’area sospetta sia maligna.
Se necessario si esegue una endoscopia con fibre ottiche rigide o flessibili per valutare le caratteristiche delle lesioni.

Se la biopsia conferma la diagnosi tumorale si eseguono esami di diagnostica per immagini per stabilire l’estensione (stadio) del tumore, come la Tomografia computerizzata (TC), la Risonanza magnetica per immagini (RMI) o una combinazione di tomografia a emissione di positroni (PET) e TC.

Per il carcinoma orale, la chirurgia è generalmente il primo trattamento. Il tumore viene rimosso e a volte è necessario rimuovere anche i linfonodi. Gli interventi sono ormai standardizzati.

Le conseguenze funzionali ed estetiche possono essere importanti.
Le tecniche ricostruttive più recenti effettuate durante la chirurgia iniziale possono migliorare la funzionalità e aiutare a recuperare l’aspetto normale.
i denti mancanti e parti del mascellare possono essere rimpiazzati con protesi.

Dopo trattamenti chirurgici significativi potrebbero essere necessari logoterapia e terapia per la deglutizione. La radioterapia o chemio-radioterapia viene somministrata dopo l’intervento chirurgico se il tumore è in stadio avanzato.

Per i soggetti che non possono sottoporsi a intervento chirurgico, la radioterapia è un primo trattamento alternativo. La chemioterapia, di solito, non è utilizzata come trattamento iniziale, ma è consigliata in associazione alla radioterapia per i soggetti il cui tumore si sia diffuso.

Considerazioni sulla riabilitazione implantare dopo exeresi di cancro orale in pazienti radiotrattati

Diversi studi sono stati realizzati per valutare l’efficienza di una riabilitazione implanto-protesica nei pazienti radiotrattati dopo exeresi di cancro orale.
L’aspirazione è quella di determinare dal punto di vista clinico alcuni criteri per ottenere il successo in questo tipo di pazienti. I dati ottenuti consentono di affermare che l’implantologia a fini di sostegno protesico rappresenta una metodica efficace per riabilitare il paziente radioterapico. Le percentuali di successo e sopravvivenza, in accordo con quelle riportate in letteratura, vanno sempre relazionate al numero degli impianti inseriti e ai criteri rigidi di esclusione.. Vista la complessità e la difficile predicibilità del trattamento in questo tipo di pazienti, è consigliabile consigliare l’inserimento di più impianti , nello stesso paziente onde evitare una perdita di sostegno eccessiva in caso di fallimento di un impianto che potrebbe alterare il progetto protesico iniziale (per esempio, overdenture su barra). Inoltre, è bene sottolineare che il controllo delle complicanze e del disagio legato all’alterazione delle mucose irradiate possono essere controllati soltanto attraverso regolari visite di controllo e accurate norme di mantenimento dell’igiene domiciliare; tutto ciò è una condizione necessaria per il miglioramento della qualità della vita dei pazienti.

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